Nicola Ghezzani

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Nicola Ghezzani vive e lavora a Roma. È psicologo, psicoterapeuta, formatore alla psicoterapia e autore di numerosi saggi, articoli, libri. Ha formulato i principi della psicoterapia dialettica. Scrittore da sempre, ha dedicato una parte considerevole del suo lavoro psicologico, terapeutico e di ricerca alle dotazioni psichiche e alla creatività.

La mia storia (anni 1954 — 2000)

Sono nato a Brindisi nel 1954. Dal 1975 vivo a Roma dove, dopo essermi laureato in Psicologia, esercito la psicoterapia in privato. Ho formulato i principi della Psicologia dialettica. Sono psicoterapeuta, formatore alla psicoterapia e autore di numerosi saggi e articoli scientifici e opere di letteratura. Ho pubblicato numerosi libri: per vedere l’elenco dettagliato, vai alla pagina Libri.

Brindisi

Prime vocazioni

La mia storia “pubblica” cominciò nel lontano 1967 allorché, tredicenne, partecipai alla mia prima mostra di pittura under 30 (per autori sotto i trent’anni), dove venni inopinatamente segnalato. Seguirono anni di mostre, concorsi di pittura e letterari, di cui conservo ancora qualche diploma di segnalazione e qualche coppa ricevuta in premio.

Nel ’73, a diciott’anni, fui segnalato a un concorso letterario nazionale e premiato a Roma. Accanto alla vocazione alla pittura si era ormai affiancata quella alla letteratura.

Nel 1974—75 presi a collaborare con riviste d’arte di tiratura regionale, per le quali scrissi articoli di critica e sociologia dell’arte. L’occasione mi consentì, per la prima volta, di condensare la mia passione per le immagini con quella per le parole e la vocazione artistica con quella scientifica.

Da Medicina a Psicologia. Silvano Arieti

Silvano Arieti

A 20 anni (nell’anno accademico 75—76) completai il primo anno di studi all’Università di Pisa, alla facoltà di Medicina. Qui, indeciso se proseguire gli studi di Medicina o iscrivermi a Psicologia, mi fornii di una prima “istruzione informale” nella Psichiatria dinamica e nella Psicoanalisi grazie a Silvano Arieti (Presidente dell’American Academy of Psychoanalysis, della Society of Medical Psychoanalisis e della William Alanson White Psychoanalytic Society, nonché autore di innumerevoli pubblicazioni). Ebreo pisano e vecchio amico di famiglia, Silvano Arieti fu uno dei primi “cervelli” italiani costretti ad emigrare negli Stati Uniti a causa delle leggi razziali.

Nonostante la sua insistenza perché io proseguissi gli studi di Medicina indirizzandomi verso la specializzazione in Psichiatria, per la quale si offrì di ospitarmi a New York, dal ’76 mi trasferisco a Roma, passando alla facoltà di Psicologia.

Qui, dopo alcuni anni, presi la laurea in Psicologia, specializzandomi nella pratica della Psicoterapia.

Resto profondamente grato alla memoria di Silvano Arieti. Di fatto fu il mio primo maestro e fu grazie a lui che diedi alla mia vita quella svolta a partire dalla quale divenni uno psicoterapeuta.

La mia vita da bohémien

Dal 1976 al 1982, gli anni che accompagnarono gli studi in Psicologia e la mia prima analisi personale, attraversai un periodo di intensa attività letteraria. Scrissi una raccolta di racconti rimasta inedita e molte poesie, una manciata delle quali finì nel volumetto Qanan, edito da Bagatto (1982). Frequentai il gruppo letterario riunito – in ordine sparso – intorno alla rivista “Braci”, fra cui spiccava il caro amico Giuliano Goroni. In quegli anni conobbi fra gli altri Claudio Damiani, Gino Scartaghiande e Luigi Ferrarelle. A una serata in casa di Elio Pagliarani, l’anziano poeta elogiò un mio breve componimento, incitandomi a proseguire. Ma la mia vita da bohémien venne provvidenzialmente interrotta dalla chiamata al servizio militare (1981-82).

Primo gruppo di psicoanalisi

Fra il 1977 e il 1980 frequentai le lezioni di Fausto Antonini, filosofo e psicoanalista ribelle delle psicoanalisi che aveva creato una teoria personale miscelando Reich con Jung, con uno spirito antiborghese che faceva pensare anche a un Marx riletto in chiave nicciana. Intorno a lui si riuniva un gruppo tanto fitto quanto eterogeneo. Io conobbi e frequentai in amicizia Paola Moriconi, che mi presentò il sodale di gruppo Eugenio Milonis. Entrambi più anziani di me di una decina d’anni, mi adottarono e mi diedero uno spaccato di cosa fosse la vita di un gruppo di psicoanalisi eterodossa alla maniera dei primi gruppi viennesi e berlinesi della prima generazione di psicoanalisti.

La mia vita da soldato

Nell’anno 1981-82 effettuai il servizio militare, per nulla volontario. Si trattò di fatto di un anno perso, sottratto allo studio, al lavoro e alla vita. Ma alla fine non fu del tutto inutile. Mi confermò che il potere può essere esercitato da persone del tutto immeritevoli che lo gestiscono in modo personalistico, sì da far male a tutti tranne che a se stessi; poi mi fece conoscere Milano (la mia seconda sede di servizio dopo Asti), città che da allora amo profondamente; infine mi consentì di avere amici ancora freschi nella mia memoria. Fra questi, Francesco Matteo Cataluccio, autore di studi sulla letteratura e la cultura dell’est Europa, in particolare della Polonia, e a lungo direttore editoriale della Bruno Mondadori; e Paolo Lissoni, Oncologo del San Raffaele di Milano, che ha introdotto la melatonina nella terapia di appoggio alla chemioterapia.

L’Ospedale psichiatrico

Negli anni 1982—85, affascinato dalla “follia” e dalla pratica (antipsichiatrica) del contatto diretto con essa, frequento l’Ospedale Psichiatrico di Roma Santa Maria della Pietà, dove collaboro ad un progetto di de-ospedalizzazione e riabilitazione dei malati lungodegenti. L’esperienza ha un valore formativo fondamentale: la conoscenza intima, profonda, dei degenti (i ”malati di mente”) mi chiarisce quale e quanto sia il patrimonio di ricchezza umana e sociale degradato non solo dalla patologia, ma anche — e soprattutto — dalla rozza gestione “tecnico-specialistica” della psiche.

Quegli anni si concludono con la cura del libro collettivo Una finestra sul reale (Roma, 1985, Cooperativa Editrice Il Manifesto anni ’80), raccolta di poesie dei pazienti manicomiali.

Ospedale Santa Maria della Pietà

Luigi Anepeta. La Psicoterapia dialettica

Nel decennio 82—92, dedicatomi interamente alla pratica privata, m’impegnai con Luigi Anepeta nella formulazione della psicopatologia struttural-dialettica, e della correlata psicoterapia dialettica.

Luigi Anepeta

Devo a Luigi Anepeta i fondamenti della mia formazione psicoterapeutica e, per molti aspetti, intellettuale e morale tout court. Dalla sua mente nacquero i semi del sistema teorico che ancora oggi sostiene il mio pensiero. Assieme a Silvano Arieti (uomo intelligente e generoso quanto lui), mi diede la possibilità di accedere ad una serena, durevole e fortunata attività clinica e teorica.

La psicoterapia dialettica è una nuova teoria psicologica e psicopatologica incentrata su due concetti fondamentali: quello di bisogno, motivazione insatura del soggetto, perennemente in cerca del suo dispiegamento; e quello correlato di alienazione, condizione psicologica e sociale nella quale l’Io, internamente strutturato dalle ideologie sociali e trascinato da esse, tende erroneamente a realizzare i bisogni in modo incompatibile coi propri limiti soggettivi e/o della specie umana nel suo complesso. Essere sociale per definizione, e perciò dipendente, l’uomo può trovarsi ad essere modellato dalle ideologie trasmessegli da genitori e istituzioni secondo modelli che lo estraniano ai suoi più autentici bisogni. In tal modo egli si aliena dalla sua natura originaria, entra in conflitto con se stesso e infine cade in qualche forma di sofferenza mentale.

La psicoterapia dialettica studia la psiche soggettiva a partire dalle coordinate storiche e sociali e dai movimenti collettivi. Nella sua ottica, la relazione di aiuto è sia superamento del malessere soggettivo, sia avanzamento nell’individuazione personale e sociale. Poiché non esiste persona o mente che non siano collegate ad altre, chi migliora se stesso contribuisce a migliorare la vita degli altri. Se da un lato è impossibile nell’analisi di un individuo non coinvolgere l’analisi del contesti in cui vive, allo stesso modo è impossibile separare i suoi progressi da un mutamento sociale e valoriale del micro-mondo di appartenenza.

La teoria, di ampia ed alta complessità, si pone come una ontologia scientifica, come una spiegazione dei fatti psichici e sociostorici radicalmente innovativa rispetto alle varie tradizioni sia psichiatriche che psicologiche.

La seconda analisi. Filippo Maria Ferro

Filippo Maria Ferro

Dal 1989 al 1998 effettuai una nuova, lunga formazione alla psicoanalisi con Filippo Maria Ferro, membro della SPI (la Società Psicoanalitica Italiana) e Professore Ordinario di Psichiatria all’Università di Chieti.

Attraverso questa nuova analisi potei integrare nella mia formazione e nella mia personalità il fondamentale passaggio della cultura clinica e filosofica contemporanea dallo strutturalismo all’ermeneutica.

Maestro di ermeneutica interpretativa, Ferro (che fra l’altro è un fine storico ed esegeta dell’arte italiana del Seicento) mi trasmise il gusto della molteplicità delle interpretazioni.

“Il Pollaiolo” di Roma. Francesco Corrao

Negli anni 1989—95 frequentai il Centro Ricerche di Gruppo di Roma “Il Pollaiolo” collaborando con la sua rivista, denominata prima “Gruppo e funzione analitica”, poi “Koinos”. L’esperienza, nonostante la fruttuosa ricerca di carattere culturale, fu deludente dal punto di vista umano. La gratificazione dovuta all’apprezzamento pubblico da parte di Francesco Corrao (ex Presidente della SPI) e di alcuni amici non resse a lungo. Con la morte di Corrao, avvenuta nel ’94 si scatenò un'indecorosa “lotta per la successione” che vide in difficoltà le figure, come me, non allineate. Nel ’95 lasciai il gruppo, anche per la sostanziale divergenza teorica, impossibile da sanare.

Nel 1993 – nel contesto della mia frequenza al Centro Ricerche di Gruppo – pubblicai su “Koinos” (n. 1–2, 1993) il lungo articolo “Edipo: nomos e antinomia. Il complesso edipico alla luce di una teoria insiemistica delle emozioni”. L’articolo rappresentò il più articolato tentativo di far dialogare due culture – la psicodialettica e la psicoanalisi ortodossa – estranee l’una all’altra. L’inconscio vi veniva letto alla luce della teoria di Ignacio Matte Blanco, fino a dimostrare che il complesso edipico (roccaforte della psicoanalisi ortodossa) poteva essere inteso come variazione isomorfa di una struttura logica elementare, che denominai “struttura dell’antinomia”.

“Gli argonauti”

Negli anni 1993–99 collaborai con la rivista “Gli argonauti” di Davide Lopez. La collaborazione fu decisamente più felice di quella sperimentata con “Koinos”. Nella rivista facevano spicco, oltre allo spirito vulcanico di Davide Lopez, interventi e articoli di autori italiani e anglosassoni di livello internazionale. Attraverso la rivista, ebbi un interessante contatto con la migliore psicoanalisi che si facesse in quegli anni in Italia e nel mondo. Non di meno, nonostante la generosa liberalità verso gli “esterni”, mi allontanai dalla rivista nel ’99 dopo una censura portata ad un mio scritto, definito sbrigativamente “troppo sociologico”.

Un premio letterario

Nel 1997, nella mia veste di scrittore, vinsi il premio “Nuove Lettere” dell'Istituto Italiano di Cultura di Napoli per la categoria “Il racconto inedito”.

Passioni psicotiche

Nel 1998 pubblicai il mio primo libro di psicopatologia, Passioni psicotiche, edito da Melusina. Nello stesso anno il libro venne adottato dalla cattedra di Psicologia Sociale presso il corso di laurea per Assistenti Sociali dell’Università di Campobasso. Il libro ha avuto buone recensioni, fra le quali ricordo con particolare piacere una sulla rivista “Gli Argonauti”. Fu presentato ad un convegno di psicoanalisi da Bruno Callieri.

La LIDAP

Dal 1998 sono stato terapeuta e consulente scientifico presso la LIDAP (Lega Italiana contro i Disturbi d'ansia, di Agorafobia e da attacchi di Panico). L’esperienza, nella quale l’utente viene inserito in una struttura associativa, ha confortato in me l’idea, già pienamente maturata negli anni ’80, che il disagio psichico possa risolversi in modo più giusto e più ricco se inserito in un processo sociale. A confronto col simile, l’individuo sofferente si riconosce e si supera, fino a integrare all’interno di sé una più profonda consapevolezza del proprio personale significato esistenziale e storico-sociale.

Uscire dal panico

Uscire dal panico

Nel 2000 pubblicai il libro Uscire dal panico. Ansia, fobie e attacchi di panico (FrancoAngeli, Milano, 2000). Il libro è una sintesi di storie cliniche e di riflessioni sul potere terapeutico risolutivo della coscienza dialettica. L’ansia e il panico vengono osservati da un’ottica che trascende l’ambito psicopatologico per aprire un discorso sulla compatibilità della ricchezza umana individuale con la povertà delle strutture mentali collettive. Il successo del libro venne a premiare sia il suo stile, immediato ed evocativo, sia la nuova teoria, chiara e incisiva nel mostrare la genesi e la soluzione del disturbo.

Nel 2012 il libro ha avuto la quinta ristampa della terza edizione, confermando il suo originario trend positivo. La cosa, più che lusingarmi sul piano del “successo”, mi fa dono di un’intensità di dialogo con i lettori che non accenna ancora ad esaurirsi.