Nicola Ghezzani

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Nicola Ghezzani vive e lavora a Roma. È psicologo, psicoterapeuta, formatore alla psicoterapia e autore di numerosi saggi, articoli, libri. Ha formulato i principi della psicoterapia dialettica. Scrittore da sempre, ha dedicato una parte considerevole del suo lavoro psicologico, terapeutico e di ricerca alle dotazioni psichiche e alla creatività.

Copertina di “A viso aperto” (2009).

A viso aperto

Capire e gestire timidezza, fobia sociale e introversione

Editore Franco Angeli, 2009

Chi di noi non ha mai avvertito un nodo alla gola alla sensazione d’essere osservato da qualcuno un istante di troppo? L’essenza della timidezza consiste appunto in questo: nella paura di un giudizio negativo riguardo a un tratto caratteriale soggettivo o riguardo all’intero essere personale, quindi nel bisogno incoercibile di velare parti del proprio mondo psicologico allo sguardo altrui. Il timido è colui che avverte la vergogna come un’emozione più forte e più lacerante di qualsiasi senso di colpa. Vive la sua identità come qualcosa che è sempre esposto a un giudizio sociale, incapace di difenderla nel segreto di sé o in atti di affermazione personale. La vergogna pervade tutti i suoi atti. Ai livelli più estremi, la timidezza è “fobia sociale” e “disturbo evitante della personalità”: patologie nelle quali l’incontro con gli altri si colora di tinte sempre più fosche, il timore di andare incontro a un crollo diviene sempre più massiccio, fino a costringere il timido a una sorta di isolamento coatto e di reclusione domiciliare.

Dietro la timidezza c’è sempre un’immagine di sé negativa, maturata nel corso dello sviluppo — il più delle volte nell’adolescenza — e consolidata nell’età adulta. Se però si analizza a fondo questa immagine interna si può scoprire che essa è costituita da qualità potenziali che l’ambiente affettivo non è stato in grado di individuare e far maturare. Spesso il timido è pieno di pensieri sensibili e critici verso un mondo rozzo e insensibile; spesso ha idee controcorrente; non di rado ha una spiccata sensibilità sociale e un’altrettanto ricca creatività culturale. Ma — come argomento nel mio libro — queste qualità, percepite nell’infanzia come oppressive zavorre affettive e nell’adolescenza come anormalità psichiche, non hanno potuto prendere la via del largo e manifestare a viso aperto la propria intrinseca ricchezza.

Grazie all’attuale crisi finanziaria mondiale, che è anche crisi di valori, l’epoca dell’individualismo esibitivo se non è del tutto alle nostre spalle, quanto meno è oggetto di più ponderata riflessione. Dal punto di vista della riflessione psicologica e etica, è passato il tempo in cui il timido era costretto a sentirsi un “malato” (con l’avallo di “scienze” ambigue che trovavano la malattia genetica ovunque). Oggi il timido, il fobico, l’introverso dovranno apprendere a considerarsi come dei “ricchi” che non sanno ancora di essere tali.


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