Nicola Ghezzani

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Nicola Ghezzani vive e lavora a Roma. È psicologo, psicoterapeuta, formatore alla psicoterapia e autore di numerosi saggi, articoli, libri. Ha formulato i principi della psicoterapia dialettica. Scrittore da sempre, ha dedicato una parte considerevole del suo lavoro psicologico, terapeutico e di ricerca alle dotazioni psichiche e alla creatività.

Coppie sbagliate

Differenze di sensibilità fra uomini e donne

La paura femminile di prevaricare l’uomo

Come accennavo in un altro mio intervento su questo sito e come ho descritto ampiamente nel mio libro Perché amiamo (1) fra le persone che si uniscono in coppie esistono differenze spiccate e sovente inconciliabili. Le differenze cui accenno sono spesso di natura intrinseca (disposizioni genetiche “lavorate”, “modellate” nel corso della vicenda psicologica soggettiva) e quindi poco o punto reversibili. Un proverbio dice che chi nasce tondo non muore quadrato, verità antica che testimonia la rassegnazione, per molti aspetti rasserenante, a prendere atto che la nascita e la prima infanzia ci imprimono un “marchio di fabbrica” da cui non possiamo mai affrancarci e che come un’ombra familiare ci accompagnerà per tutta la vita.

“Autoritratto”, fotografia di Francesca Woodman

La vecchia tradizione di coppia impediva la percezione di queste differenze fornendo la donna di un illimitato spirito di sacrificio. Oggi però è diverso: con gli studi superiori, il diritto alla voto e al lavoro e il crescente valore che la psicologia moderna dà alla capacità affettiva e all’empatia, la donna ha sviluppato un sentimento più acuto della propria dignità non solo personale ma anche intellettuale. Sempre più spesso un numero crescente di ragazze e giovani donne scoprono di avere una sensibilità diversa da quella maschile media e capiscono che ciò impone loro di essere selettive nella scelta di un partner. Lo hanno sempre intuito, oggi come ieri; ma solo oggi questa intuizione è diventata un concetto cui è difficile sottrarsi.

Molto spesso hanno un partner inadeguato, ignorante in fatto di sentimenti; oppure, più spesso, rozzo e brutale. Non di rado si tratta di uomini con scarsa istruzione e comunque meno intelligenti di loro. Le donne coinvolte con questi uomini intuiscono allora che nelle loro relazioni affettive c'è qualcosa di profondamente sbagliato, eppure non riescono a sottrarvisi. Non vi riescono perché non si rassegnano alla propria diversità rispetto all'uomo medio e hanno paura di fare uso di questa loro inquietante facoltà intellettiva e selettiva, hanno paura di fare ciò che l'uomo ha sempre fatto con loro: scegliere e selezionare. Hanno paura che, rifiutando l'uomo sbagliato e rivendicando un uomo migliore, siano tentate di subordinare l'uomo a sé e, se scoperte, di essere condannate a una vita solitaria. Hanno il terrore che, guardandosi nello specchio, possano vedere il volto di una strega odiosa a se stessa e a gli uomini e aborrita e derisa dalle altre donne. Allora arretrano di fronte a questo orrore.

La donna che intuisce di poter scegliere l'uomo secondo la propria sensibilità spesso si sente arrogante, prevaricatrice, mascolina. Ha paura di rivelarsi inadeguata alla relazione con l'uomo e quindi tagliata fuori dal proprio genere e dal diritto di avere figli. Per non compiere questo passo che le pare irreversibile e fatale, mette in dubbio se stessa e si subordina.

Il sequestro sociale del potere femminile

“Nudo di donna”, fotografia di Edward Weston

A questa scelta di subordinazione hanno contribuito nel corso dei millenni quasi tutte le culture. La donna è depositaria di competenze fondamentali: ha il potere biologico di generare, un immenso potere di accudimento e cura, è depositaria della gestione della vita privata e domestica, conosce e gestisce la vita dei sentimenti meglio dell’uomo medio e sta sviluppando capacità intellettive eccellenti in ogni campo. Ebbene, è proprio per sequestrarle questi vecchi e nuovi poteri e disporne a propria volontà e proprio beneficio che le società umane (e soprattutto le società religiose, governate da uomini) la hanno indotta alla subordinazione.

Non di meno il tempo passa, i secoli fanno il loro corso, nascono nuove intuizioni e nuovi modelli di pensiero. Oggi la donna, se davvero lo vuole, può disporre di una coscienza morale evoluta che fa sì che il suo potere di scelta sia effettivo. La sua coscienza morale e intellettuale le consente di scegliere con chi generare, quale uomo abbia il diritto di essere riconosciuto come amabile e quindi degno di riprodurre la specie. Considerato poi il potere di cui dispone sulla prole appena nata, ella può decidere come educare maschi e femmine e avere una visione del futuro.

Ogni singola donna, ma soprattutto quella che avverte acutamente il problema di una bassa sensibilità maschile, è chiamata a disporre di questi nuovi poteri.

Il diritto di scelta

Per la donna accettarsi sensibile, dotata di dignità, intelligenza cognitiva e “intelligenza d’amore”, significa sentirsi nel diritto di distinguere fra gli uomini: fra quelli sensibili e capaci d’amore e quelli rozzi e incapaci: Significa quindi sentirsi nel diritto di scegliere come amabili solo quelli “giusti”, quelli adeguati alla propria complessa e sensibile natura psichica.

Una donna non può e non deve accontentarsi di un uomo solo perché ha la sagoma di un uomo, le presta qualche attenzione e le chiede una relazione sessuale. Una donna ha bisogno di essere davvero amata. Ed essere amata implica da parte dell’uomo una empatica e profonda sensibilità allo specifico dell’essere donna, al bisogno proprio di ogni donna di essere coinvolta in una relazione intensa, univoca e rispettosa.

I rischi del masochismo e della anoressia sentimentale

Se non accetta e pone in essere questa sua intrinseca vocazione alla selezione della qualità amorosa, la donna corre due gravi rischi, l’uno opposto all’altro. Il primo è di sentirsi una megera e aver paura di se stessa; quindi di avviare relazioni improntate alla penitenza e alla sottomissione finendo per eccedere nel masochismo. In questa direzione ella accetta di farsi sottomettere dall’uomo così com’è, dal primo che l’ha richiesta in una relazione sessuale o di cura, un uomo che la tiene avvinta a sé con la piattezza dell’ovvietà o con la forza. Il secondo rischio consiste in una drammatica chiusura nella delusione e nella paura di amare, quindi di scivolare nell’autarchia affettiva e nella anoressia sentimentale.

Ecco una vivida testimonianza dell’angoscia femminile di fronte al potere di scelta, seguita da una mia breve risposta.

Gentile dottor Ghezzani,
sono una ragazza di 28 anni e nel 2010 ho avuto una relazione, durata un anno, con un ragazzo più piccolo di cinque anni. La sua spontaneità e la sua bontà iniziale, unite a quello che a me è sembrato un suo bisogno di sicurezza e di rassicurazione, mi spinsero a donargli amore in modo incondizionato, forse al limite col patologico, come mai avevo fatto prima.

Premetto che da che ho memoria, non ho mai visto i miei genitori andare d’amore e d’accordo e questo mi ha spinto ad amare con maturità molto tardi. Quando è capitato questo ragazzo ne avevo un bisogno disperato, talmente disperato che non sono stata in grado di capire che la sua gelosia retroattiva e la gelosia patologica, non erano una dimostrazione d’affetto ma un modo di controllarmi.

Non capivo che le continue accuse che mi rivolgeva, il suo continuo colpevolizzarmi, frustrarmi fino a vedermi, con soddisfazione, senza forze, senza speranze, senza lucidità, erano un modo per manipolare la mia coscienza. Nel suo narcisismo esistevano soltanto le sue esigenze, i suoi tempi, le sue concessioni, mascherate da qualcos’altro.

Esistevano litigi di cui non capivo il significato, ma tentavo di risolvere, ingiurie pesanti alla mia persona, ai miei amici, al mio mondo, continui paragoni con se stesso (che era il modello perfetto) e con sua madre! (una donna depressa che fa da serva nella sua stessa casa legata da un amore masochista a un marito geloso). Non so dire quanto è stata colpa del mio vuoto affettivo precedente e quanto della sua manipolazione, ma mi diedi a lui con passione, devozione, sottomissione, disperazione e masochismo. Era una continua tragedia dalla gestualità forte, ma priva di contenuti... così come era come lui.

Le sue aggressioni verbali cedettero il posto a quelle fisiche quando lui capì di avere un ascendente saldo su di me, e quando io, stanca di non vedere progressi, iniziai a ribellarmi con più ferocia alla sottomissione. Stanco di me, stanco di avere una ragazza che non riusciva più a dominare e che si mostrava insoddisfatta, se ne andò da un giorno all’altro, lasciandomi nell’incredulità più assoluta: io credevo che, con pazienza, l’amore avrebbe vinto su ogni cosa. Sicuramente non ero lucida in quel periodo, ma ricordo di aver visto il vuoto nei suoi occhi da una sera alla mattina successiva. Il mio cuore sapeva che era vero: non provava né sentimenti, né compassione, né cercò di aiutarmi nella separazione. Fu drastica perché lui volle così, e la sera stessa ebbe un’avventura con una ragazza di passaggio. Il mio cervello invece, ci mise due mesi per placarsi, cercando una spiegazione a tutto ciò che mi era successo, lacerandomi le giornate e le notti.

Grazie al suo sito e siti simili io ho capito molte cose e ora non provo più rabbia per ciò che mi è successo. Oggi ho una relazione da 7 mesi con un altro ragazzo, che di certo non ha disturbi come il precedente e ama in modo più sano. Ma io non sono più la stessa ragazza in cui mi sono sempre riconosciuta.

All’inizio ero insicura e spaventata, piano piano iniziai a fidarmi di lui. Alla prima difficoltà però sono crollata: tempo fa ha partecipato a un addio al celibato e, nonostante le mie richieste contrarie, ha palpato la spogliarellista. Anni fa, forse davanti a una cosa del genere avrei reagito con una semplice frase del tipo «sei un idiota!» accompagnata da un’espressione di superiorità. Invece, oggi, quel poco di fiducia che avevo riposto in lui è sparita. Non volle raccontarmelo e mi mentì per due giorni sull’accaduto. Credeva, nella sua superficialità, di non aver fatto niente di male, credeva che mentendo avrebbe insabbiato tutto, non rendendosi conto di mancarmi di rispetto due volte.

“Tilda Swinton”

Ancora oggi, ogni mattina mi sveglio perché il mio cervello mi passa in rassegna le immagini di quella sera, e apro gli occhi con dolore. Lui mi ha chiesto mille volte scusa, vedendomi affrontare questa storia con attacchi d’ansia e di pianto. Io gli ho dato un’altra opportunità, perché senza di lui non riuscivo a stare: era l’unico che riusciva a consolarmi, lui, paradossalmente, la causa del mio male. Ho scoperto altre piccole bugie, sembra che lui tema la verità quanto teme il fatto di dichiararsi un bugiardo e di stare dalla parte del torto. È presuntuoso, è cosi permaloso che ammettere di avere torto è per lui come ingiuriarsi da solo. Non lo farebbe mai.

Io ora sono gelosa, sospettosa, non riesco a dargli fiducia, a ridimensionare gli eventi, non riesco a sentire il suo amore, non riesco ad amare con entusiasmo. A volte credo che non sono pronta per un’altra storia, altre credo che lui è troppo immaturo per me. Ma effettivamente non credo che potrei lasciarlo. Mi rendo conto che i problemi che mi pongo non sono poi cosi gravi, che dovrei ridimensionarli, ma la mia “anoressia sentimentale” sembra non recedere.

La mia risposta

Cara amica,
grazie della mail. È una testimonianza sofferta e per tanti aspetti esemplare.

I rapporti sentimentali sono difficili e non esiste un “modello sano” che possa risolverli. Ciascuno di noi può impegnarsi in essi applicando ogni propria qualità sapendo in partenza che sono (si riveleranno) di difficile gestione, oppure chiudersi nella diffidenza, nell’autarchia, che consente di attraversare la vita in modo abbastanza indenne ma solitario. Non c’è una sola strada, ognuno investe la sua vita come può.

Il suo ex ragazzo era senza dubbio un narcisista, un individuo incentrato sui bisogni personali (compresa la vanità) da soddisfare anche a scapito degli altri, anche della partner. Il suo attuale ragazzo sembra semplicemente un immaturo. Cosa fare con un ragazzo immaturo? La domanda da porsi è questa: un ragazzo che ignora che toccare un’altra donna offende la propria donna è meritevole di amore? Dipende dal grado di coinvolgimento che lei ha con lui; dipende dunque dal suo amore.

Se lo ama, deve sapere che lui dovrà crescere e capire cosa significa sminuire la propria partner e offenderla, e capire quanto è diversa la sensibilità femminile da quella maschile (media). Se ha invece ha forti dubbi, allora forse non è così coinvolta, non è innamorata.

Lei è rimasta “scottata” dalla prima esperienza, ha visto quanto il maschio medio possa essere deludente per una donna (per qualunque donna, non solo per quella che soffre di anoressia sentimentale).

Dunque, sta a lei decidere cosa fare.

Ma tenga presente che non può soffocare la sua sensibilità e il bisogno di essere amata con profondità e rispetto.

Ovviamente può fare dei colloqui professionali, se crede. Il punto centrale però è la natura ambigua e complessa della fiducia. Possiamo darla solo se amiamo e se ci sentiamo davvero amati.

Le mando un caro saluto e le faccio mille auguri per il futuro.

Nicola Ghezzani


Bibliografia

  1. Nicola Ghezzani, Perché amiamo, Sonzogno, Milano, 2013.