Nicola Ghezzani

Foto di Nicola Ghezzani

Nicola Ghezzani vive e lavora a Roma. È psicologo, psicoterapeuta, formatore alla psicoterapia e autore di numerosi saggi, articoli, libri. Ha formulato i principi della psicoterapia dialettica. Scrittore da sempre, ha dedicato una parte considerevole del suo lavoro psicologico, terapeutico e di ricerca alle dotazioni psichiche e alla creatività.

Coscienza e interazione sociale

Appunti per una nuova psicologia

La coscienza

Quando parliamo di coscienza di solito pensiamo a una funzione che riguarda l’individuo preso in se stesso, isolato da ogni altro individuo: quindi pensiamo a una sorta di dote innata del singolo soggetto umano. Chiunque, anche isolato dal mondo – pensiamo –, dispone di una coscienza umana compiuta. Inoltre, immaginiamo che la coscienza sia qualcosa che si sviluppa dalla mente individuale, come attraverso un processo evolutivo intrinseco e spontaneo. Anche se nascessimo in una foresta – siamo in molti a pensarlo – svilupperemmo una coscienza umana compiuta.

Scimpanzè

Queste due postulazioni del “senso comune” sono entrambe sbagliate, eppure sono alla base della scienza psicologica contemporanea. La stessa parola latina conscientia deriva da con-scire, cioè sapere insieme. Il che implica un giudizio cui si accompagna un consenso. La coscienza nasce nel momento in cui l’Io è in grado di rispecchiarsi con un Altro. E questo Altro deve essere un essere umano completo o meglio un gruppo sociale umano. L’Io percepisce se stesso solo grazie ad uno sdoppiamento in cui fa le parti di una relazione sociale completa.

La coscienza è una relazione sociale.

Il linguaggio

Rete neurale

C’è un difetto di fondo sia nella psicologia che nelle neuroscienze quando affrontano il problema delle funzioni psichiche superiori: quello di considerarle espressive dell’attività di un cervello isolato. Si tratta di un difetto sorprendente se si tiene conto del fatto che molti neuroscienziati sono convinti che il salto dall’attività mentale degli animali superiori a quella umana sia dovuto al linguaggio. E cos’è il linguaggio, se non una entità sovrapersonale, qualcosa che non solo non si può identificare col singolo cervello (perché non nasce da un cervello isolato dagli altri), ma è semmai un vero e proprio “organismo” che nasce grazie all’interazione di molti esseri umani e attraverso di loro si trasforma, cioè evolve?

La semplice riflessione sul linguaggio, sulla fondamentale importanza che il disporre di parole, concetti, simboli esercita sulla nascita e il mantenimento della coscienza individuale avrebbe dovuto far capire ai teorici della psicologia che la coscienza non è individuale nella sua essenza: è trans-personale, è cioè sociale.

L’ambiente sociale

Certo, ogni uomo è dotato della capacità di apprendere una lingua e di usarla per esprimere i propri contenuti psichici, talvolta anche creativamente. Ma questa potenzialità intanto si realizza e consente di parlare in quanto il soggetto è immerso in un ambiente sociale. La prova di questo argomento è che, abbandonato a se stesso, un infante non sviluppa alcuna funzione psichica superiore rispetto agli animali. Infatti, non parla: non sono stati pochi in passato i casi dei cosiddetti “bambini-lupo” persi nella natura e adottati da animali che si sono identificati coi genitori adottivi, divenendo “lupi” o “orsi” o altro, non sviluppando alcun linguaggio e, passato il “periodo critico” di massima capacità di apprendimento, incapaci di apprenderlo. Adottato da un branco di animali, l’essere umano non diventa affatto umano. Ha un cervello talmente plastico che sviluppa una identità animale. Dall’analisi di questi casi “speciali” si sarebbe dovuto dedurre che senza l’immersione costante nella fluidità dei messaggi sociali, l’essere umano non esiste. Non può maturare alcuna coscienza e alcuna consapevolezza di sé. (Nonostante le poetiche speculazioni teologiche sull’anima – come essenza umana intrinseca – e quelle psicologiche sull’io – come istanza naturale).

Il gruppo

Si dirà: il linguaggio è trasmesso attraverso la catena delle generazioni, ma all’inizio qualcuno deve averlo “inventato”. È ovvio, l’invenzione del linguaggio, tuttavia, al pari di qualunque altra invenzione, non è riconducibile ad un singolo uomo, bensì ad un gruppo di uomini in interazione fra loro. Che essi lo abbiano saputo o meno. L’interazione di questi individui accomunati da affetti, interessi, procedure sociali ha prodotto, nel corso delle centinaia di migliaia di anni, dapprima un repertorio si segnali, poi il linguaggio articolato e la dimensione simbolica.

Foto di alcuni membri di una tribù indigena peruviana

Il linguaggio è una convenzione sociale, postula l’accordo di più persone nell’assegnare ad un determinato significante un determinato significato. Il linguaggio è dunque una funzione che non emerge non soltanto dalla complessità strutturale di un organo, bensì anche e soprattutto in conseguenza di una ricca e complessa esperienza sociale. Perché possa nascere un linguaggio compiuto ci vuole un accordo intenzionale fra molte persone: relazione fra significante e significato, indicazione degli oggetti, regole sintattiche e grammaticali, astrazione e convenzione dei simboli...

Il cervello

Sembra una banalità, e invece è un nodo di fondo epistemologico. Un cervello isolato, quello a cui fanno riferimento i neuroscienziati per risolvere il problema delle funzioni psichiche superiori, è un’astrazione: non esiste, e se esistesse sarebbe un cervello dotato di potenzialità inespresse, del tutto atrofizzate: un cervello strutturalmente umano, ma funzionalmente infra-umano. Anzi molte strutture neurologiche non verrebbero nemmeno a maturazione, resterebbero al livello di un ammasso caotico indifferenziato. Per quanto chiuso nella calotta cranica, il cervello è un organo che esiste nella sua struttura e nella sua funzione in quanto è in costante contatto con altri cervelli e con i simboli che ne mediano l’interazione.

A rigore di termini, la stessa evoluzione del cervello umano è avvenuta in modo plurimo: non c’è mai stato un cervello isolato a contatto col mondo naturale preso in se stesso. Il singolo cervello umano ha sempre vissuto ed è sempre evoluto a contatto con gli altri cervelli dello stesso gruppo di appartenenza. Quindi per capire l’evoluzione delle strutture nervose umane dobbiamo pensare ad una evoluzione per gruppi, non ad una evoluzione degli organi isolati gli uni dagli altri. Il cervello umano si è co-evoluto, è predisposto ad una esistenza di rete.

Le neuroscienze

La stessa indagine neuroscientifica sulle potenzialità dei cervelli in comunicazione fra di loro, ma a partire dai cervelli isolati, è vuota e priva di senso. La coscienza e le funzioni psichiche superiori non affiorano dalla complessità strutturale del cervello, ma dall’interazione del cervello con altri cervelli e, quindi, dallo sforzo e dalla necessità sociale di comunicare.

“La danza”

Il cervello isolato delle neuroscienze non esiste: esistono solo soggetti interagenti tra loro, che usano lo strumento biologico del cervello e lo modellano secondo le funzioni sociali e immaginative che gli conferiscono e secondo suoi limiti strutturali. Si tratta dunque di soggetti la cui attività mentale s’intreccia indissolubilmente.

Infine, è conseguente affermare che la coscienza è anzitutto coscienza dell’altro e/o della relazione tra io e altro.