La testimonianza che segue illustra una tipica situazione di dubbio ossessivo in una giovane donna educata alla mortificazione di sé e quindi incline a sacrificarsi per un’idea astratta, puramente convenzionale, dell’amore. Una ragazza di questo tipo è predisposta alla dipendenza affettiva, che anche se non è resa presente in virtù di una relazione, è latente nella forma della mortificazione, del dubbio su di sé, del senso di colpa nei confronti del partner.
Ho evidenziato le frasi che mostrano con più evidenza la tendenza a ignorare i propri bisogni e la propria identità, a mortificare la propria sensibilità amorosa e il proprio spirito critico. Questa giovane donna è di fatto dipendente da un fantasma d’amore, da un uomo idealizzato il cui ricordo implica costantemente la colpa di averlo lasciato e la morte della propria verità interiore.
Caro dottore,
ho letto quello che ha scritto sulla schiavitù d’amore e mi sembra la persona più adatta a capirmi. Questa è la mia storia.
Sin da piccola ho sempre sentito un enorme bisogno di affetto e di sicurezza, cercavo coccole e attenzioni da parte dei miei genitori, amici, professori. Se mi veniva regalata una cosa chiedevo subito: Se si rompe me ne compri un’altra?
per essere rassicurata. Ho sempre desiderato l’amore da parte dei miei genitori, ho sempre cercato la loro approvazione. Sono stati sempre molto critici nei miei confronti e, in maniera velata, hanno cercato di inculcarmi le loro idee, il loro punto di vista sulle cose, facendo sì che mi sentissi inadeguata se pensavo in altro modo. Spesso insoddisfatti, nonostante gli ottimi risultati, mi hanno spinto ad una sorta di ricerca della perfezione.
I miei non si amano da tempo, si limitano a convivere, mai un gesto affettuoso, ma solo mio padre che chiede cosa si mangia e va a guardare la televisione e mia madre sempre depressa e frustrata. come mia madre faceva con noi dicendo che non l’aiutavamo, che era stanca, che rinascendo non si sarebbe sposata. A casa mia vige la regola della colpevolizzazione, se c’è un problema non si cerca la soluzione, ma solo il colpevole.
Colpevolizzazione, responsabilità, sacrificio, rassegnazione, insomma la vita è sofferenza, la vita è triste. I miei genitori sono persone buonissime e tuttavia secondo me non si dovevano sposare o dovevano lasciarsi.
So che mi amano anche se non mi sento amata... è il loro modo di amare, ma non credo che rispetti quella che io sono.
Veniamo a me: ho 32 anni, sono intelligente (almeno credo!), estremamente sensibile e intuitiva, buona, prodiga ad aiutare chi è in difficoltà, generosa, idealista, sognatrice, introspettiva, piena di contraddizioni, istintiva e razionale, dolce ma riesco ad essere anche acida, insicura, inquieta, perfezionista, lunatica con sbalzi di umore alle volte anche repentini, mi faccio duemila problemi per trovare sempre la soluzione migliore, sto lì ad analizzare tutti i se, i ma, i perché, sono ipercritica con me stessa, malinconica e pessimista. Non amo le vie di mezzo, se non riesco ad avere tutto, preferisco niente. Questo è stato spesso un problema, mi ha spesso demotivato di fronte alle cose, ma non riesco ad accontentarmi, sarebbe come scendere a compromessi con me stessa. Spesso non riesco ad accettare che la vita non vada come voglio e questo mi demotiva. , piuttosto che pensare in modo costruttivo al futuro... mi sembra sempre troppo tardi. Nella vita sogno il grande amore, una famiglia, dei bambini, ma ho paura che non riuscirò ad avere queste cose... penso che incontrare la persona giusta sia un miracolo soprattutto se si è esigenti. Ma senza l’amore la vita che senso ha? Ho soprattutto paura che il tempo passi e la mia vita scorra inutilmente senza senso. Penso spesso di avere sbagliato tutto, di avere sbagliato percorso e che ormai sia troppo tardi.
Ecco il problema. Sono stata 9 anni fidanzata con un ragazzo dolcissimo, che mi amava e mi ama veramente. Nonostante lo amassi ho sempre sentito la mancanza di qualcosa nel nostro rapporto, credo dovuta a caratteri molto diversi: pratico, equilibrato e concreto lui, sognatrice, inquieta e con la testa tra le nuvole io... Quando ci siamo messi insieme ero una bambina che non credeva ci fosse una persona giusta. Lui mi piaceva, era dolce, carino e pensavo che questo bastasse... che l’amore sarebbe arrivato e che non occorresse altro. Lui era dolce, affettuoso, buono, sincero, limpido, ma anche poco romantico e passionale, non riusciva mai a sorprendermi, aveva sempre la testa sulle spalle, mai un cedimento, nelle discussioni voleva avere sempre ragione, non cercava mai di capire il mio punto di vista, non cercava il dialogo ma era arrogante e presuntuoso. Era superficiale e restava ancorato alle sue idee. Non era disposto a superare i suoi limiti per me. Spesso non mi sentivo capita, alzava la voce e diventava aggressivo, mi sentivo sbagliata, in colpa, mi diceva che avevo bisogno dello psicologo. I primi anni li ho passati cercando di capire com’era, di capire se certe reazioni erano provocate da me, se ero io a pormi male. Non lo conoscevo ancora bene e cercavo di capire se era il suo carattere, se ero io che facevo uscire in certe situazioni il peggio di lui. Gli ho spesso parlato di quello che mancava ma non è cambiato niente, anzi si innervosiva perché "pretendevo". Così ad un certo punto mi sono rassegnata, non mi sono aspettata più nulla, ho capito che il carattere non si cambia e che, se lo amavo, dovevo accettarlo così com’era... Purtroppo, però, ho continuato a sentire quella insoddisfazione e ho concentrato l’attenzione su di me... Mi sono posta mille dubbi, sono entrata in crisi chiedendomi se fossi incapace di amare, se fossi intollerante, se fossi troppo insicura o insoddisfatta, se non fossi in grado di essere felice. È passato molto tempo ed è passato perché comunque ci volevamo bene, perché abbiamo condiviso tanto e alternavamo momenti belli a quelli meno belli. Alla fine, però, stanca di avere dubbi, di chiedermi sono io o è lui?
, di essere in conflitto con me stessa, ho pensato che potesse non essere la persona giusta, l’anima gemella, il vero amore, quello di Romeo e Giulietta, l’uomo pronto a morire per l’amata, a fare di tutto per renderla felice... Così ho preso coraggio e l’ho lasciato e non è stato facile... Gli ho detto che non ero più sicura di amarlo perché mi sembrava inutile dirgli che c’era qualcosa che non andava.
Sono passati due mesi e mi manca da morire... Mi chiedo se ho fatto la cosa giusta, se invece non era meglio parlargliene... non riesco a vedere la mia vita senza di lui, a immaginarmi con un altro. È parte di me e lo sarà sempre ma sentivo quel senso di insoddisfazione e quel dubbio che non mi abbandonava. Mi chiedo se è vero che non era la persona giusta, se devo solo aspettare che il tempo passi oppure se sono io che sono sbagliata.
Ho anche conosciuto un ragazzo che sembra l’uomo ideale, quello che ho sempre sognato. Ma non faccio che pensare al mio ex e non capisco se è perché lo amo ancora o perché è passato poco tempo dalla separazione. Non so se è stato amore vero, non so se l’amore basta anche quando senti che manca qualcosa e non so neanche se mancava veramente qualcosa o è colpa mia che magari non riesco ad essere felice e sono sempre insoddisfatta... In pratica... non so niente... sono confusa... Soffro e sono in crisi con me stessa... Ho paura di avere sbagliato... ho paura che tornando indietro continuerei a sbagliare... ho paura che non sarò mai felice...
Non ricordo più le motivazioni, ma solo la sensazione di quella insoddisfazione. Guardo al mio futuro e vedo solo buio, non credo che riuscirò a formarmi una famiglia, a essere felice, non credo che riuscirò a strapparmelo dal cuore... Ho un’età in cui dovrei avere e avrei voluto già una famiglia e invece mi trovo qui a dover ricostruire la mia vita e non credo che ci riuscirò...
Ho anche paura di avere rovinato la vita del mio ex... Anche lui voleva una famiglia e la voleva ora (ha 35 anni) e io mi sento responsabile se non riuscirà a realizzare il suo sogno... Mi sento una catastrofe... sento di avere compromesso la mia e la sua vita... Sarebbe più facile tornare indietro ma ho paura di peggiorare e compromettere irrimediabilmente le nostre vite.
Non riesco a immaginarmi con nessun altro, però ho paura di quel vecchio senso di insoddisfazione e mi chiedo se sia giusto tornare indietro... L’amore non ci deve rendere felici? Oppure in nome dell’amore è giusto sopportare anche l’infelicità? Il mondo è pieno di persone che si accontentano, che vivono le frustrazioni di un sentimento che non li appaga: hanno paura della solitudine, del fallimento, dell’ignoto.
Io non voglio essere schiava del sentimento, voglio cercare l’amore senza dubbi, quello che ti rende felice di esistere anche se credo non lo troverò mai, ma non provarci sarebbe come rinunciare a me stessa e ai miei sogni.
Non riesco a dimenticarlo, mi manca da morire, ma è sufficiente per tornare indietro? Che fare? Posso tornare con lui perché senza di lui sto peggio? Perché soffro? Quando stai con qualcuno non dovresti pensare che sia la persona migliore del mondo? Il punto è che sono stanca di sentire questa insoddisfazione, di chiedermi se sono io che non vado... Da un lato mi manca, è veramente una parte di me, siamo cresciuti insieme e abbiamo condiviso tanto... dall’altro ricordo di non essermi mai sentita veramente “appagata” da lui.
Quando mi lasciai con il mio primo ragazzo ero disperata, ho pianto per 5 anni e poi, un giorno, ho capito che per quanto lo amassi non sarei stata felice con lui perché non mi avrebbe mai dato quello che volevo e probabilmente io non lo avrei dato a lui. Ho capito allora che l’affetto non basta e forse questo mi ha condizionata ma, se lui non mi avesse lasciata, se non avesse capito anche per me, magari ci saremmo sposati e sarebbe stato chissà quale disastro.
Il mio ex quando gli parlavo dei miei problemi mi diceva sempre: sei depressa, devi andare dallo psicologo, non sai chi sei e cosa vuoi
. Questa cosa mi faceva innervosire perché mi sembrava arrogante e superbo, ma alla fine non riuscivo più a capire se le cose non andavano perché realmente non andavano o se ero io a viverle male perché avevo bisogno dello psicologo. Con questi dubbi non stavo più bene con me stessa. È possibile che io abbia i miei problemi ma devo fidarmi delle mie sensazioni e queste mi dicevano che non ero serena con lui, mi mettevo sempre in discussione, non capivo più se quello che sentivo lo sentivo veramente o era frutto della mia mente. Ma che altra strada se non ascoltare le mie sensazioni? È veramente così? Sono reazioni “normali” le mie? Non era la persona giusta o sono io che ho bisogno dello psicologo? Esiste l’amore senza dubbi che ci appaga o siamo sempre costretti a compromessi? Si può amare la persona sbagliata o non è vero amore? E se è amore è giusto restare insieme anche se si è insoddisfatti perché l’amore chiede solo di badare alla felicità dell’altro e non alla nostra? L’amore non dovrebbe rendere felici?
Vorrei tanto poterla incontrare. Lei è l’unico che può aiutarmi.
Grazie.