Nicola Ghezzani

Foto di Nicola Ghezzani

Nicola Ghezzani vive e lavora a Roma. È psicologo, psicoterapeuta, formatore alla psicoterapia e autore di numerosi saggi, articoli, libri. Ha formulato i principi della psicoterapia dialettica. Scrittore da sempre, ha dedicato una parte considerevole del suo lavoro psicologico, terapeutico e di ricerca alle dotazioni psichiche e alla creatività.

Manipolazione psichica e impulso criminale

Una coppia “bene assortita”

Per spiegarvi in che modo e fino a che punto una personalità possa essere disturbata e alterata dall’influenza nefasta che un’altra personalità ha su di lei, vi racconto una storia di grande interesse, ricavata dalla mia attività clinica.

Un uomo è considerato da tutti un santo, dedito alla vita familiare e alla pratica religiosa. Anche lui si considera tale da quando, da ragazzo, ha avuto un’intensa “vocazione” di natura spirituale e morale e interpreta ogni fatto umano alla luce della più rigorosa dottrina cristiana. Da allora, come effetto di contraccolpo, è diventato sessuofobico, nel senso che ha con la sessualità rapporti cauti e intimoriti, talvolta di aperto disprezzo morale; e larvatamente misogino, cioè ostile al genere femminile, perché nella sua intima riflessione la donna è considerata come fonte di tentazione erotica e di abbandono all’istinto, quindi come agente di disordine e sciatteria morale.

Fotografia di Robert Frank

Come ogni uomo “per bene” a un certo punto della vita si sposa e, come da regolamento, ha un paio di figli. La donna che ha scelto come moglie è una donna insicura, anch’ella dedita a pratiche religiose e spirituali d’ogni sorta, e moralista nei confronti delle altre donne. A differenza del marito che è incrollabilmente certo di se stesso e dei suoi valori, lei è invece ansiosa, incerta, timorosa di commettere degli sbagli, di essere mal giudicata. Vive in un regime di angoscia morale permanente e si sente sempre sotto esame. Ogni giorno deve scalare una montagna di ansie e pregiudizi. Ma nasconde questa sua patologica insicurezza sia dietro l’apparenza ben costruita di donna solida e virtuosa, critica nei confronti delle immoralità del mondo moderno, sia grazie alla famiglia che ha generato assieme al marito, che la fa sentire ben radicata nella realtà e “a posto” con la coscienza.

La manipolazione

Purtroppo il marito è un uomo molto nevrotico, anche se nessuno lo direbbe: osserva e valuta di continuo i suoi stessi pensieri, teme le tentazioni della carne, è impulsivo e aggressivo, ma non lo lascia trapelare, perché esercita un severo controllo su ogni minima emozione. È affetto da una nevrosi fobico-ossessiva ben celata dietro una maschera di normalità.

Come ogni nevrotico fobico-ossessivo che teme il “male” dentro di sé, tende a difendersene proiettandolo all’esterno. Gran parte degli ossessivi si limitano a proiettarlo sull’ambiente fisico naturale o sociale, considerato “sporco” e “infetto”; altri invece lo proiettano sull’ambiente umano circostante, giudicandolo ambiguo, immorale e indegno di fiducia.

Il marito suddetto proietta le sue angosce di impulsività, amoralità, cattiveria sulla moglie, quindi nella relazione di coppia si rivela sottilmente sadico. Non manca occasione di sottolineare alla donna che non ha fatto questo o quest’altro, che non è stata abbastanza attenta, che una sua disattenzione può costare la salute del figlio più piccolo o una cattiva educazione di quello più grande. Come può, la riprende e la rimprovera di qualcosa.

“L’occhio”

La donna, che purtroppo condivide il sistema morale del marito, si mette sotto esame, sicché spesso gli dà ragione e si dà da fare per correggere le proprie nequizie. Assume il giudizio del marito come un giudizio giusto e assennato e vi si conforma, anche se lo fa a proprio danno. Non di meno comincia ad alimentare una rabbia sorda, confusa, priva di motivazioni chiare ed evidenti. Il punto è che si sente maltrattata, ma non se ne rende conto. È sotto l’effetto della manipolazione psicologica del marito. Una sorta di sonno ipnoide le pervade la mente fino a renderla oggetto di un plagio.

La proiezione

Lo stato ipnoide crea nella donna una doppia personalità: quella sottomessa, plasmata dalle insistenti critiche del marito, e quella che freme sotto la prima, in preda a una cupa ribellione. Allora, in simultanea, la donna compie due azioni contraddittorie: comincia a pensare di essere molto cattiva (perché si sente arrabbiata e non sa perché) e a osservare con sempre maggiore spirito critico i suoi bambini. Li vede con occhi diversi: le appaiono ora disobbedienti e cattivi.

Che cosa è accaduto? Per capirlo occorre fare un passo indietro e sciogliere un nodo teorico. Il marito aveva una personalità scissa: da un lato era l’uomo virtuoso che tutti conoscevano e che lui si compiaceva di essere; ma allo stesso tempo era l’individuo represso, pieno di istanze vitali trasformate in impulsi rabbiosi, ribelli, crudeli. Per usare la metafora letteraria di Stevenson, egli era sia il dottor Jekyll che mister Hyde. La terminologia psicologica ha tentato di afferrare con diversi termini questa capacità della psiche umana di scindersi in lati opposti. Già tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento alcuni autori la chiamava doppia personalità. Freud la definì come perturbante, ma ascrivendola al solito complesso di Edipo. Il primo che l’abbia afferrata in tutta la sua ricca complessità è stato Carl Gustav Jung che l’ha chiamata Ombra. Io, sostanzialmente concorde con la teoria junghiana, ho parlato di un io antitetico, cioè di un’istanza della psiche che duplica secondo una logica di opposti, di antitesi dialettiche, la struttura dell’io cosciente.

Nel caso citato, l’uomo si è “disfatto” del suo io antitetico, della sua parte rimossa, proiettandolo sulla moglie. Per non sentirsi lui insidiato dal disordine, dallo sporco, dall’immorale, dal malvagio, dal ribelle, cioè dalle antitesi della sua identità cosciente buona e virtuosa, ha proiettato questi difetti sulla moglie. E più li vede in lei più ci si accanisce, in un processo di purificazione che evoca punto per punto la ricerca del capro espiatorio. La moglie, collusa con lui se ne fa carico e, a sua volta, si accusa. Ma riesce a resistere e ad identificarsi col capro espiatorio solo fino a un certo punto di rottura, oltre il quale si ribella e comincia a fare la stessa operazione di proiezione coi propri figli. Non osando criticare e attaccare il marito, che rispetta come un dio, proietta il male sui propri figli. Come il marito ha proiettato su di lei il suo lato negativo, ora lei proietta la sua rabbia ribelle, cioè la sua ombra, il suo io antitetico, la parte esecrata e rimossa della sua personalità, nel corpo dei suoi bambini. E comincia a vederli pigri, sciatti, disordinati, malevoli.

L’impulso criminale

Fotografia di Robert Frank

Un giorno, in preda all’esasperazione, aggredisce violentemente il piccolo. Gli sbatte in faccia il piatto pieno di minestra non mangiata o risputata e lo picchia sulla testa. Se il marito non intervenisse rapidamente, la donna potrebbe uccidere il bambino. L’episodio viene nascosto per amore del matrimonio. Da quel momento, la donna si sente una criminale, capace di uccidere un figlio; il marito invece si sente ancora di più un santo, perché ha perdonato la moglie e le ha dato una nuova chance per emendarsi.

È avvenuta una manipolazione inconscia e si è costruita una coppia collusiva di tipo sadomasochista (1 e 2). Il marito continuerà a pensare di se stesso di essere una brava persona, un santo dedito alla religione e alla famiglia; la donna penserà di se stessa di essere una persona sostanzialmente malvagia, ma, in quanto protetta dalla benevolenza del marito, in grado di tirare avanti ben mimetizzata e senza troppi danni. Allo stesso si è realizzata una delega della pulsione criminale, che in origine era nel marito è stata ormai instillata nell’animo della moglie, che se ne fa carico perché, avendo un carattere simile a quello del marito, vi era in fondo predisposta.

Se un giorno la donna dovesse alterare l’equilibrio così raggiunto e dovesse di nuovo proiettare sui figli la malvagità che sente dentro di sé e che le è stata instillata dal marito, allora potrebbe scoppiare la tragedia e un figlio potrebbe essere maltrattato, picchiato oppure ucciso.

Consigli di psicoterapia

Nel caso specifico, la richiesta di aiuto mi provenne dalla moglie. Il che fu abbastanza normale, perché era lei che si faceva carico sia delle proiezioni di malvagità da parte del marito, sia del rischio di commettere l’atto criminale indotto, a danno di un figlio. Nel caso in cui sia la moglie a muoversi per prima, la prognosi è abbastanza fausta, perché la donna che cerca aiuto sta cominciando a “risvegliarsi” dal sonno ipnotico. Nel caso non sia la donna a fare il primo passo, ma un parente preoccupato, la prognosi è meno fausta. La coppia può infatti trincerarsi dietro la virtù formale di un “matrimonio perfetto”, ostentata in pubblico, e farsene uno scudo difensivo. In questi casi è pressoché impossibile agire, a meno che un qualunque membro del sistema familiare ristretto non cominci a manifestare un qualche malessere. A volte sono i bambini a farlo: sviluppano disturbi di rilievo sociale che rappresentano una richiesta di aiuto indirizzata alle istituzioni e al servizio pubblico.

Qui mi limito a dare delle linee guida di ordine generale. In un sistema familiare del genere descritto è fondamentale che i due coniugi prendano atto:

  1. della dipendenza reciproca nella creazione di una collusione di coppia;
  2. che l’oggetto di questa collusione è la negazione del “male”, della rabbia che sia l’uno che l’altro covano dentro di sé;
  3. che la rabbia è stata proiettata sul soggetto più debole e meno consapevole;
  4. che essa può essere risolta solo se si prende coscienza delle sue cause e le si risolve con un sincero atto di umiltà.

Non è detto, dunque, che la coppia debba essere separata. A patto che entrambi i coniugi abbiano il sincero desiderio di risolvere le oscurità del proprio inconscio, la coppia può essere salvata. La psicoterapia dovrebbe essere mirata a familiarizzare entrambi all’idea di una vita emotiva naturale, che così come comporta serenità e gioia, porta con sé anche infelicità e dolore, proteste e rabbie. Inoltre dovrebbe illustrare a entrambi i gravi rischi causati dalla scissione del “male” dal proprio io e dalla sua proiezione su un soggetto debole (coniuge o figlio) mediante la sua vittimizzazione e manipolazione.

La coppia dovrebbe mettersi nella condizione di capire che più evitiamo e rimuoviamo la verità della nostra anima, più questa ci torna indietro in forma esasperata, mostruosa, incline a qualunque abiezione, persino al delitto.


Bibliografia

  1. Nicola Ghezzani, Volersi male, Franco Angeli, Milano, 2002.
  2. Nicola Ghezzani, Perché amiamo, Sonzogno, Milano, 2013.