Nicola Ghezzani

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Nicola Ghezzani vive e lavora a Roma. È psicologo, psicoterapeuta, formatore alla psicoterapia e autore di numerosi saggi, articoli, libri. Ha formulato i principi della psicoterapia dialettica. Scrittore da sempre, ha dedicato una parte considerevole del suo lavoro psicologico, terapeutico e di ricerca alle dotazioni psichiche e alla creatività.

L’idea di Steve Jobs

Foto di Steve Jobs

Adottato da una famiglia povera, dopo essere stato concepito e abbandonato da una coppia ancora più povera, Steve Jobs ha vissuto il mito più triste dell’America: farsi con le proprie mani in una terra ostile. Come lui stesso raccontò nella nota conferenza che tenne a Stanford, di fronte a centinaia di studenti, non avendo i soldi per proseguire gli studi universitari, affamato di sapere, egli rimase nell’orbita dell’ambiente universitario dormendo per terra in stanze d’occasione, cibandosi dei resti della mensa o assumendo un pasto caldo la settimana presso il tempio degli Hare Krishna.

La sua immagine appassionata fa tornare alla mente la figura di Eros che Platone tratteggia per bocca di Socrate nel Simposio. Poiché ha per madre Penia, la Povertà, Eros appare misero, scalzo e senza asilo, si sdraia sempre per terra, senza coperte, dorme a cielo aperto davanti alle porte e sulle strade; ma allo stesso tempo, poiché ha per padre Poros, l’Espediente, Eros è coraggioso e si getta a precipizio ed è veemente, è un mirabile cacciatore, intreccia sempre delle astuzie, è desideroso di saggezza e insieme ricco di risorse, passa tutta la vita ad amare la sapienza1.

Steve Jobs è stato un uomo appassionato, la cui passione ha trasceso anche la morte.

Non so quanti che oggi si lamentano di non avere opportunità di lavoro avrebbero avuto la stessa tenacia, lo stesso coraggio, la stessa volontà di sacrificare la vita per una visione, come un antico dio Eros o un moderno Parsifal. Poiché aveva sperimentato l’esistenza nella sua durezza e l’ambiente americano nella sua spietata capacità di disumanizzazione, si piccò di vincere una scommessa prima di lui impensabile.

Ribaltando la metafora cognitivista per cui l’uomo non è altro un computer, un arido essere calcolante, Steve Jobs ci ha voluto dimostrare che il computer è un essere umano. Simpatico, empatico, solidale, dolce come un bambino e sorprendente come un ET. Colorato, trasparente, maneggevole, curioso, duttile, fidato. Prima di Jobs i computer erano tristi apparecchi quadrati e privi di vita, grigi personaggi americani senza sentimento. Dopo di lui, l’oggetto è diventato un soggetto e dialoga con noi come un amico. Con Steve Jobs abbiamo capito che tutto evolve, non solo le specie viventi. Anche gli oggetti accanto a noi evolvono, e con incredibile rapidità.


Note

  1. Platone, “Simposio”, a cura di Giorgio Colli, Adelphi, Milano, 1979., p. 69.