Nicola Ghezzani

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Nicola Ghezzani vive e lavora a Roma. È psicologo, psicoterapeuta, formatore alla psicoterapia e autore di numerosi saggi, articoli, libri. Ha formulato i principi della psicoterapia dialettica. Scrittore da sempre, ha dedicato una parte considerevole del suo lavoro psicologico, terapeutico e di ricerca alle dotazioni psichiche e alla creatività.

Dipendenza maschile e sadismo femminile

La descrizione comune della “dipendenza affettiva” vede una donna succube di un uomo in posizione dominante, più o meno consapevole di esercitare un potere. Ma esiste anche la configurazione opposta, in verità non poco frequente, nella quale una donna domina un uomo. Lo fa con gli stessi mezzi che adopera l’uomo manipolatore nei confronti di una donna debole e collusa: la violenza psicologica, la denigrazione, la minaccia di abbandono, il ricatto morale. Nella relazione in cui domina l’uomo, questo talvolta ci aggiunge la violenza fisica, che è qualcosa di particolarmente odioso, ma che d’altra parte non fa difetto nemmeno alla donna, quando essa sia in relazione con un uomo succube.

“La casa delle bambole”

Ciò nondimeno, nel mio lavoro clinico mi sono abituato a non disperare e a considerare che non sempre queste coppie vanno divise. Non di rado le storie d’amore più conflittuali, lacerate da violenze e dolori, celano al loro interno inattese potenzialità terapeutiche.

In queste coppie, uomo e donna si uniscono sulla base di caratteri affatto opposti e, in effetti, passano gran parte del loro tempo a litigare e a massacrarsi. Si tratta – come le ho definite nel mio libro Volersi male 1 – di collusioni perverse o sadomasochiste; o, come le ho definite più semplicemente in Perché amiamo 2, di coppie conflittuali. In realtà, se ben osservati, i loro caratteri si rivelano complementari: l’uno è il rovescio dell’altro, la negativa dell’altro. Questo strano fenomeno, che unisce persone affascinate come in una malia dalla loro immagine allo specchio, così come spesso produce gravi patologie, non meno spesso, se ben capito e altrettanto bene utilizzato, può rivelarsi come uno strumento di diagnosi l’uno dell’altro e persino come un misterioso tentativo di “cura” attraverso l’amore, attraverso la stessa relazione di coppia. Naturalmente, perché ciò accada, occorre prendere coscienza dell’elemento perverso insito nella coppia rovesciandolo in una qualche forma di consapevolezza e di salute.

Molte di queste “cure” non vanno in porto e producono vite sofferenti e aggrovigliate in nodi senza fine. In taluni casi, tuttavia, per la sottile intelligenza dell’uno o dell’altro o di qualche elemento esterno alla coppia (compreso talvolta un buon terapista) giungono felicemente in porto: alla commovente comprensione che l’altro, se “umanizzato”, era proprio la parte mancante di noi stessi.

Porto qui un esempio ricavato dalla mia corrispondenza privata.

Nel 2006 pubblicai su una rivista nazionale l’articolo che segue. Poco dopo ebbi da un lettore una mail – per certi aspetti commovente – nella quale mi esponeva il suo caso personale.

Ripubblico qui l’articolo e di seguito lo scambio intercorso fra noi.

Il Disturbo antisociale di personalità

Una madre caotica e insensibile può essere malata?

Scrive una lettrice: Desidererei conoscere quali conseguenze dannose può causare un individuo affetto dal disturbo antisociale di personalità sulle persone che gli vivono accanto. In particolare, quando la persona caratterizzata da tale comportamento è una madre di famiglia. È sbagliato ritenere tale persona responsabile della depressione del marito, dell’anoressia del figlio e del totale disinteresse del ragazzo per la scuola, i compagni e gli svaghi?

Il disturbo citato dalla lettrice è poco diffuso, ma è fra i più dannosi, in quanto spesso nascosto dagli stessi familiari, che lo vivono come una vergogna da condividere. L’antisociale è una persona caotica e insensibile, che maltratta con indifferenza, che viola le regole della vita sociale con comportamenti sgradevoli e brutali mettendo in imbarazzo i propri familiari. Se – come talvolta accade – questa persona è una madre i danni possono essere gravissimi. Poiché i figli tendono a proteggere la madre a prescindere dalle sue qualità morali e a salvare l’immagine della famiglia per non essere a loro volta abbattuti dalla vergogna, la donna viene sopportata, protetta dalle ritorsioni sociali, persino amata nelle sue anormalità, inducendo così nei figli da un lato un sentimento di totale abnormità sociale, dall’altro una tendenza masochistica a sottomettersi e a scegliere il proprio danno piuttosto che una crescita che essi sanno costantemente insidiata, minacciata e sabotata proprio da colei che dovrebbe proteggerla e favorirla. Il sentimento basilare della fiducia – fondamento di ogni successivo sviluppo – è leso alla radice, con l’effetto di generare personalità depresse e tendenti all’autoemarginazione. Il marito, soprattutto se rassegnato e passivo, viene di solito travolto dalla maggior forza della moglie fino a esiti imprevedibili.

Questo tipo di donna è spesso una borderline o una psicotica mascherata, con traumi rimossi dei quali ha dimenticato ogni traccia, e va riconosciuta e individuata come malata. Spesso smaschera la sua malattia con la sua tendenza all’alcolismo e alla sessualità promiscua. In questi casi, si aiuta la famiglia insegnandole che “denunciare” la malattia della madre è doveroso per sé e per la madre stessa, e che l’indicazione della cura psicologica per la donna e per l’intero gruppo familiare che ne è stato danneggiato è un necessario atto d’amore.

La mail del lettore

Spett. Dottore
Mi chiamo Giovanni, sono di M. ed ho un grave problema in famiglia. Forse ho anche capito di cosa si tratta leggendo un Suo articolo su [...] Il titolo di questo articolo, scritto da Lei, è: Un disagio che mina la famiglia. Penso che la mia compagna sia affetta da “Disturbo antisociale di personalità”. Quasi tutto ciò che è descritto in tale articolo, lo riconosco come famigliare.

La mia compagna è ungherese, nata nel 1974, si chiama Noemi. Orfana di entrambi i genitori persi che lei era bambina, ha tre sorelle residenti in Ungheria. Abbiamo due stupende bambine una di 7 e l’altra di 4 anni. Io sono divorziato ed ho un figlio di 14 anni, Niccolò.

“Buon compleanno”

La mia attuale compagna non ha mai accettato mio figlio Niccolò, ma è convinta che io l’abbia allontanato da lei.

Quando abbiamo ospiti ungheresi, Noemi si premura di preparare la camera per gli ospiti. Per mio figlio non muove una sedia.

A tavola sono sempre l’ultimo ad avere il piatto. A volte rientro dal lavoro e devo arrangiarmi con qualche scatoletta in quanto va al bar o a giocare a qualche videogioco oppure a bere un aperitivo od altro. Anni fa ho scoperto delle bottiglie nascoste sotto il lavandino della cucina. Abbiamo qualche problema economico sebbene viviamo in una stupenda bifamiliare di mia proprietà, ed ogni giovedì andiamo a fare le spese, ma mi sono accorto che si accanisce nell’acquisto metodico di confezioni di articoli per la pulizia (spruzzatori di tutti i generi, cere e sgrassanti) dei quali ormai possediamo una buona scorta. La casa è lasciata in balìa di se stessa. Il caos e la sporcizia regnano ovunque. Di recente mi sono rimboccato le maniche per pulire a fondo la cucina, ma lei mi denigra sostenendo che non pulisco bene e che se pulisco io il forno, non lo usa per cucinare i cibi per le “sue” bambine. Altresì sostiene che devo innanzitutto pulire per primi il garage e il mio negozio (premetto che Noemi è casalinga e che ha cambiato circa una decina di lavori). Alla mattina beve il caffè in un bar e mangia la brioche in un altro. Si assenta anche un’ora. A volte, quando riusciamo a pranzare a casa insieme, alla fine va a bere il caffè al bar (assentandosi ancora per un po’ di tempo) sostenendo che quello che faccio io non è buono.

Siamo insieme da 8 anni, mia madre ha tentato di comprenderla, ma essendo anziana, pretende il rispetto, ciò che non ha avuto. Ho insistito per una seconda possibilità, ma Noemi le ha mancato nuovamente di rispetto. Io d’altra parte non invito mai amici a casa perché mi vergogno dell’ambiente caotico in cui viviamo. Daphne, la più piccola, ha problemi di comunicazione e di parola, penso sia condizionata dalla madre, la quale sgrida ambedue le bimbe anche con parolacce sia in italiano che in ungherese.

Mia moglie è una bella ragazza molto corteggiata. Quando andiamo a ballare si rifiuta di ballare con me, dice che non siamo compatibili. Balla con altri amici oppure va a ballare nella sala accanto dove fanno un altro tipo di musica. Il prezzo della consumazione si aggira sui 7 euro e desidererei spendere quindi circa 14 euro considerato gli impegni economici a cui devo far fronte (2 mutui e alimenti per Niccolò), ma invece in virtù delle consumazioni alcoliche di Noemi, devo esborsare quasi sempre sui 30‒40 euro.

Il problema è che non è in grado di gestire il denaro. Finché c’è cibo da buttare, scaduto in frigo, non le do i 10 euro giornalieri. E lei va a piangere da tutti i quali, commossi, le regalano qualcosa.

È capace di ignorarmi per giorni e giorni, anche per un mese per poi avere un tracollo e gettarmi le braccia al collo bisognosa di “amore”.

Rivanga sempre il passato, inventando situazioni mai accadute, come sostiene che durante la gravidanza e il parto, io l’abbia trascurata e ignorata. Ma ciò non è vero. Ieri è venuta a trovarci una cara amica, Marianna la quale ricorda benissimo del periodo suddetto e si ricorda le mie premure e il mio riempirla di fiori.

Noemi mi ha anche messo le mani addosso davanti alle bimbe, ma ho sempre cercato di essere forte e di mantenere la calma.

C’è da dire anche che nelle cose più semplici, travisa a modo suo le regole. Non mette le cinture di sicurezza neanche davanti alle bimbe. Porta a spasso il cane senza guinzaglio (abitiamo fronte strada statale), non si lava mai i denti e di riflesso mi tocca penare molto ad insegnare alle bimbe di farlo. Non ricava uno spazio per lo studio alla più grande (che si chiama anche lei Noemi) in quanto il tavolo in salotto è ingombro di ogni cosa (vestiti stirati, fascicoli comprati in edicola e destinati alla soffitta senza neppure aprire le confezioni, ne abbiamo ormai una montagna).

Qualche anno fa a seguito di discussione inerente all’arredo del giardino, mi ha avvelenato delle piante a cui tenevo molto così da eliminarle alla vista, ha segato il mio ulivo perché cresceva bitorzoluto e inclinato, come piaceva a me.

Di amici non ne invito mai a casa in quanto mi sento in perenne imbarazzo dalla maleducazione di Noemi nei miei confronti di fronte a loro.

A volte Noemi è felicissima, specie quando la porto fuori a mangiare, ma poi ricambia tutto e ridiventa musona, inespressiva e altamente critica in tutto nei miei confronti. Mi accusa di sbagliare tutto, che non ho amici, che non sono attivo, di essere tirchio (in verità sono sempre a corto di soldi).

L’anno scorso siamo andati in ferie al mare e le ho detto che avevamo di budget 50 euro al giorno. Il giorno stesso pretendeva di spenderne il doppio. Ma io avevo portato da casa l’olio, lo zucchero, qualche pacco di pasta, succhi di frutta, salviette ecc. e quindi ne eravamo dispensati dall’acquisto. Il giorno dopo a seguito di una lite, l’ho accompagnata a casa rimanendo in ferie da solo con Niccolò e l’altra figlia Noemi.

Ora mi fermo, rischierei di ripetermi narrando altre diverse situazioni.

Comunque l’articolo suddetto, me l’ha portato questa amica di famiglia che abita in provincia di Trento e che ben conosce la mia situazione. È disposta ad aiutare la mia famiglia alla quale è legata ormai da alcuni anni.

Mi scuso oltre che per il tempo che le ho fatto perdere, anche per lo sfogo. Veramente spero che lei mi possa aiutare. Sembra che in giro non esistano altri che persone criticone in maniera dannosa, ma desidererei sì una critica, ma costruttiva e che mi aiuti ad “aiutare” la mia compagna.

Saluti
Giovanni

La mia risposta

Gentile Giovanni,
comprendo la sua preoccupazione. Sua moglie ha molte delle caratteristiche che ho descritto nell’articolo. In effetti, ha quella strana forma di “rabbia sleale”, subdola e incontrollata, che è tipica delle persone affette da disturbo antisociale di personalità. Penso abbia molto contato nella sua vita l’essere orfana: l’esperienza traumatica dell’abbandono sperimentata in una età nella quale se ne soffre in modo consapevole, tanto da sviluppare rabbiosi pensieri di vendetta, può forgiare la personalità portandola ad essere anaffettiva e sadica.

L’abbandono in cui lascia la casa, la cura delle figlie, la sua stessa persona fisica e il marito danno l’idea di una rabbia aggressiva intesa da una parte al dominio sadico, ma dall’altra a una sotterranea volontà masochistica di distruzione di quanto più la rappresenta di fronte a se stessa e al mondo: le persone che più contano nella sua vita.

Le consiglio di pensare alla psicoterapia, nell’unico modo in cui forse sua moglie accetterebbe di farla: fate una terapia di coppia nella quale si parli anche di Lei, Giovanni, nella quale cioè si dia la possibilità a sua moglie di considerarsi una donna con problemi, ma in grado di aiutare il marito, malato di dipendenza affettiva maschile, masochismo e autolesionismo morale.

Non deve sentirsi trattata come l’unica malata, perché non lo è: anche Lei, Giovanni, ha dei problemi, e l’uno può essere la risorsa dell’altro. Con questa strana affermazione credo di essere nel vero: non escludo che abbiate formato la vostra coppia allo scopo recondito di contemplare l’uno nell’altra il “mistero” della propria sofferenza: Noemi vede in Lei il masochismo primario della sua infanzia, la passiva disponibilità al maltrattamento e, nella sua passività d’innamorato inerme, il bambino che è in Lei, come anche nelle figlie e in Niccolò, lo stesso bambino violato che è nell’infanzia di Noemi stessa, con il quale sua moglie vorrebbe avere rapporti di identificazione e compassione, ma che riesce solo a espellere da sé e proiettare su di Lei e a maltrattare. E Lei, Giovanni, vede in Noemi quella crudeltà, quella durezza insensibile, quel “coraggio di essere cattivi” che Lei non si è mai potuto permettere nella vita e che contempla spaventato, affascinato e commosso nella violenza di Sua moglie.

È chiaro che ci vorrebbe molto tatto terapeutico e interpersonale. Noemi dovrebbe essere resa consapevole del suo odio primario per gli affetti familiari e per le limitazioni che essi impongono, e quindi sviluppare una coscienza morale; Lei invece, Giovanni, dovrebbe rendersi conto che la proiezione su Noemi di un Super-io sadico, di una “padrona” senza cuore le serve a non prendere atto della rabbia che prova Lei in prima persona, prodotto di una soffocata volontà di ribellarsi.

In un certo senso, e se tutto andasse bene, dovrebbe avvenire una osmosi di caratteri, quindi potreste essere l’uno il medicamento dell’altra, la risorsa terapeutica l’uno dell’altra. Non nego che sia un’impresa ardua; nondimeno, andrebbe tentata.

Per quanto riguarda la psicoterapia può rivolgersi sia al pubblico che al privato. Troverà ottimi professionisti sia in un campo che nell’altro.

Un caro saluto
Nicola Ghezzani

Seconda mail del lettore

Apprezzo la sua risposta e seguirò il suo consiglio.

Purtroppo la psicoterapia “seria” bisogna pagarla e con quella “sociale” ho avuto già a che fare con scarsi risultati. Ho scarse possibilità economiche al momento e desidererei almeno qualche indicazione sul tipo di comportamento da adottare nei confronti della mia compagna per lenire i disturbi psicologici alle bambine. Assecondarla? Contrastarla? Essere dolce? Paterno? In qualsiasi direzione mi muova, sbaglio sempre, ricevo rimproveri. Se lei mi desse una direttiva da seguire, mi adopererò per rivolgermi al sociale in maniera più efficace cercando di essere forte e di sopportare la situazione.

Spero di non arrecarle troppo disturbo. Comunque per cominciare vedrò di acquistare il suo libro sul masochismo morale, di cui ho visto la copertina sul sito, sperando possa essermi d’aiuto.

Un cordiale saluto,
Giovanni

La mia seconda risposta

Caro Giovanni,
Lei è già stato molto paziente e “paterno”. In realtà ha messo in luce un forte dipendenza e un certa sottomissione masochistica. Ora Lei deve capire che ha proiettato su sua moglie la “cattiveria” che non sopporta in se stesso, ma che pure deve riuscire, in parte, a rendere di nuovo sua, a riappropriasene nella misura giusta. Lei deve riuscire a permettersi di essere fermo, severo, arrabbiato.

Autoritratto di Francesca Woodman

Intuisco che Lei è sempre apparso a se stesso e agli altri – compreso a sua madre che le sta accanto – come un uomo buono e paziente, tanto da non arrabbiarsi mai. Questa tendenza alla dipendenza e alla sottomissione non è però la sua “virtù”, è piuttosto il suo problema patologico. Quindi Lei ha scelto una donna dura e anaffettiva per dare a quella il ruolo della cattiva e riservare a se stesso quello del buono. Questo “gioco” deve essere interrotto.

Quindi le consiglio di opporre una resistenza ferma, forte nei confronti della vita caotica e dannosa che sua moglie impone alla famiglia, proteggendo i figli e riscattando se stesso. Ma anche segnalando a Noemi che gli affetti sono l’unica risorsa di cui lei stessa dispone. Se Noemi riuscisse a distruggerli (come il suo sadomasochismo le suggerisce di fare) sarebbe sola e allo sbando. Si trasformerebbe in breve tempo in una barbona o in una mantenuta.

Quindi è importante che Lei sia fermo e severo. Ma non accampi scuse circa la psicoterapia. Se può fare una vacanza può fare anche una psicoterapia (e nel servizio pubblico costano davvero poco). Quindi, non si nasconda dietro un dito. Questa di fingersi incapace di psicoterapia è una strategia perversa, suggerita dal desiderio di lasciare tutto così com’è; ma sarebbe un grave errore.

Mi faccia sapere se i miei libri l’hanno aiutata e si faccia di nuovo vivo quando lo desidera.

Un saluto cordiale,
Nicola Ghezzani


Bibliografia

  1. Nicola Ghezzani, Volersi male, Franco Angeli, Milano, 2002.
  2. Nicola Ghezzani, Perché amiamo, Sonzogno, Milano, 2013.